Liquidazione

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La Liquidazione ex legge 3/2012 comprende tutti i beni di proprietà (ad eccezione di quelli che servono all’esercizio del lavoro che produce reddito per il sostentamento della famiglia).

Viene lasciata nella disponibilità del debitore una quota del reddito o della pensione per il sostentamento della famiglia, sulla base delle spese documentate.

La procedura di liquidazione inizia solamente dopo che il Tribunale si è espresso favorevolmente sulla proposta, emanando il relativo Decreto di apertura e dopo che il professionista nominato dal Giudice nel decreto ha accettato la carica di liquidatore della procedura.

Al termine della procedura di Liquidazione (che dura minimo 4 anni) il Giudice, se il Programma di Liquidazione è stato rispettato in ogni suo punto, decreta l’esdebitazione del debitore.

La Liquidazione è molto complicata e coinvolge numerosi soggetti (OCC, Giudice e Liquidatore): l’assistenza di un buon consulente nella fase di preparazione e successivamente nella fase di realizzazione, può permettere di:

Mantenere una parte del reddito dell’attuale lavoro, per il sostentamento della propria famiglia;
⇒ Ottenere l’esdebitazione per i crediti non pagati.

 

Esempio concreto

Due giovani e una figlia: lui con p.iva, lei dipendente. Prima casa acquistata da Lei con l’aiuto della famiglia di origine; nello stesso stabile Lui acquista un immobile uso ufficio, con l’intenzione di farci la sede della propria attività o comunque un ufficio secondario.

Incomincia la crisi, quella dura che purtroppo tutti noi conosciamo, e l’attività non riesce più a rientrare dai clienti per lavori già fatti e spese già anticipate. Continua a spendere, a fare debiti con banche e finanziare sperando che passi. Nel pieno della bufera arriva un’intimazione di pagamento esecutiva di Equitalia per debiti di una vecchia società, lasciati dai vecchi soci (come al solito avevano promesso che ci avrebbero pensato loro). Lui corre dal padre, si fa prestare i soldi per pagare nei termini. Poi un avvocato ci guarda e scopre che non avrebbe dovuto pagare, che la richiesta era illegittima o comunque che Lui non ne era responsabile perché già uscito dalla società in precedenza. Il padre presta altre somme per l’avvocato tributarista che vince entrambi i gradi di giudizio.

Nonostante queste vittorie, Equitalia non restituisce le somme, perché il ruolo è, a sua volta, pieno di cartelle non pagate per l’attività.

Come se non bastasse Lui cade in depressione e l’attività perde ogni possibilità di incassi, perché molti clienti ricadono in area terremotata.

La mancanza di lavoro e i debiti rendono la vita familiare impossibile, in una Emilia non abituata all’arte dell’arrangiarsi ma al più nobile istituto del lavoro.

I debiti ammontano a più di 300.000 euro, compreso il mutuo sottoscritto per pagare l’ufficio.

Unico bene, che chiaramente viene sottoposto a pignoramento immobiliare è l’ufficio sopra descritto.

Lui esce di casa e dopo aver fatto vari corsi per riqualificarsi trova un lavoro, sottopagato, ma pur sempre un lavoro.

Peccato che a causa delle segnalazioni in Crif e Banca d’Italia, effettuate dalla Banche e dalle finanziarie, e della normativa in materia di lavoro che obbliga i datori di lavoro a pagare con mezzi tracciabili di pagamento intestato al lavoratore, non riesce nemmeno ad aprire un conto corrente!!!

Gli parlano della legge del sovraindebitamento, va dal vecchio avvocato, che pur non essendo un esperto della materia (che scopre molto tecnica, come oramai tutto oggi in diritto), lo aiuta a compilare la domanda e a rivolgersi all’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento competente per territorio (bisogna rivolgersi a quello/i del proprio capoluogo di provincia).

La pratica, sempre con l’aiuto del padre che gli fornisce i fondi per le spese da anticipare (poiché la pratica non è gratuita), viene lavorata dai Gestori (che chiedono moltissima documentazione integrativa) e in pochi mesi viene presentata al Tribunale. Il Giudice viene investito della questione, con la massima urgenza, perché oramai i tempi dell’esecuzione immobiliare erano maturi e al quarto tentativo di asta l’ufficio sarebbe stato venduto (era stato pagato 55.000 euro e l’offerente se lo sarebbe visto assegnare per soli 12.500 euro!!!!). Senza beni e stipendio si discute sulla possibilità di accedere all’istituto.

In un solo giorno (quando i tempi medi del tribunale di Bologna sono di un mese) il Giudice del sovraindebitamento dichiara aperta la liquidazione del patrimonio, nomina i liquidatori e dichiara la sospensione della procedura esecutiva (di altro tribunale).

Il sovraindebitato può riaprire un conto corrente, sotto la vigilanza dei Liquidatori. I frutti dei mesi lavorati ante apertura della liquidazione servono per pagare le spese della liquidazione e della pubblicità. Viene statuito che di quello che guadagna 900 euro li può tenere per il suo sostentamento e l’eccedenza la deve versare sul diverso conto della liquidazione.

L’immobile viene venduto con modalità competitive dai liquidatori a 22.500 euro, che andranno ripartiti al creditore ipotecario.

Approvato lo stato passivo, i liquidatori si occuperanno di incassare il già citato credito verso l’agenzia della riscossione e ripartire l’attivo secondo l’ordine dei privilegi.

Per quattro anni non possono essere iniziate o proseguite esecuzioni o azioni esecutive/recuperatorie in genere verso il sovraindebitato, che può pensare a lavorare.

Nel frattempo la moglie gli ha chiesto la separazione…..e alla fine dei quattro anni chiederà al Giudice l’esdebitazione, cioè la cancellazione di tutti i debiti che non si è riusciti a pagare con l’attivo della liquidazione.

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