La Procedura di liquidazione controllata dei beni del sovraindebitato

IL CASO

Una coppia di conviventi, nel cui nucleo è compreso anche il figlio minorenne della signora, rappresentando di trovarsi in una situazione di sovraindebitamento in relazione alle obbligazioni assunte da entrambi, tale da determinare una rilevante difficoltà nell’adempierle regolarmente, si rivolge a un avvocato specializzato nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento. La coppia, su consiglio del legale che incarica della difesa tecnica, propone con ricorso al Tribunale competente la domanda di apertura della procedura di liquidazione controllata dei beni, con l’assistenza dell’O.C.C., ai sensi degli artt. 268 e ss. C.C.I.I.

L’indebitamento dell’uomo è riferibile al pregresso esercizio di diverse attività d’impresa, sia in maniera individuale che tramite società, e alle alterne vicende economiche e finanziarie connesse a tali attività. La maggior parte dei debiti sono di natura tributaria.

Successivamente l’uomo ha reperito un lavoro dipendente a tempo indeterminato, e ha fatto ricorso più volte al credito al consumo, anche per rifinanziare prestiti già in corso allungandone la scadenza; ha inoltre chiesto e ottenuto dall’Ader la rateizzazione del debito tributario, con un piano che però non è stato in grado di rispettare.

Dal canto suo la signora, separata e con un figlio, ha sempre lavorato come dipendente, con varie tipologie di contratto, e alterne vicende collegate alle attività ove lavorava; riceve inoltre un contributo per il mantenimento del figlio dall’ex marito, da cui è separata legalmente. L’indebitamento deriva dal ricorso al credito al consumo effettuato nel corso degli anni per le esigenze familiari, prestiti più volte rifinanziati per modificarne durata e importi mensili.

Nel ricorso vengono evidenziati i rispettivi redditi da lavoro dipendente, l’impossidenza di immobili da parte di entrambi, gli atti dispositivi degli ultimi cinque anni, la proprietà di veicoli; la situazione debitoria complessiva del nucleo familiare è attestata su un totale di € 135.533,58.

La coppia espone in una dettagliata tabella le spese mensili, per determinare l’importo medio mensile necessario al mantenimento del nucleo familiare che, raffrontato all’importo medio mensile indicato nelle tabelle ISTAT per analoga tipologia familiare, si rivela inferiore a tale parametro. La richiesta rivolta al tribunale è di lasciare nella disponibilità del nucleo familiare tale importo mensile, in modo da non comprenderlo nella liquidazione, così come di non comprendere nella liquidazione l’autovettura di proprietà e in uso alla signora, in quanto necessaria per recarsi al lavoro.

Viene altresì sottolineata l’assenza di dolo o colpa grave di entrambi nella genesi dei debiti, e rimarcata la responsabilità della società finanziaria nella concessione di credito, erogato senza tenere in debito conto il merito creditizio dei debitori.

Alla luce di tutte le circostanze riferite e dei dati economici descritti nella domanda, i ricorrenti ritengono che la scelta più corretta sia quella di mettere a disposizione l’intero patrimonio, ossia un motoveicolo sottoposto a fermo amministrativo oltre a una parte dei propri redditi da lavoro, secondo le regole del concorso e nel rispetto dei gradi legittimi di prelazione, per la durata di tre anni, non potendo formulare ai creditori proposte diverse di composizione della crisi e risultando per questi ultimi impossibile ottenere l’integrale soddisfacimento dei propri diritti di credito.

LA RELAZIONE DEL GESTORE DELLA CRISI

Nella loro relazione i componenti del collegio designato dall’O.C.C., ritenuti soddisfatti i presupposti soggettivi e oggettivi della domanda, attestano la completezza e l’attendibilità della documentazione presentata dai ricorrenti, anche alla luce delle verifiche effettuate presso le banche dati consultabili e presso i creditori

In relazione al piano di liquidazione, nel quale però ricomprendono la vendita dell’auto di proprietà e in uso alla signora che i ricorrenti hanno chiesto di sottrarre alla procedura, il collegio ne attesta la ragionevole fattibilità, in quanto attendibile e sostenibile.

 L’APERTURA DELLA PROCEDURA

 Il Giudice designato, esaminata la domanda e i relativi allegati, unitamente alla relazione del gestore, ritiene la domanda accoglibile.

Quanto alle modalità di esecuzione del piano, il Giudice rimanda alla valutazione del liquidatore la convenienza o meno della cessione dei veicoli di proprietà dei ricorrenti, compresa quindi l’autovettura della signora che viene lasciata nella sua disponibilità fino alle eventuali operazioni di vendita.

Rileva il Giudice che la sentenza ex art. 270 C.C.I.I. non richiede alcuna determinazione circa la quota di reddito da mettere a disposizione dei creditori, e pertanto in via provvisoria dispone che ai ricorrenti rimanga la disponibilità dell’importo mensile dai medesimi indicato necessario al mantenimento dl nucleo, con la specificazione che l’assegno percepito dalla signora a titolo di contributo al mantenimento del figlio in sede di separazione non rientra nella liquidazione ma concorre alla valutazione sulle disponibilità del nucleo, e che i redditi ulteriori dovranno essere posti a disposizione del liquidatore.

Il decreto prevede poi che sarà il liquidatore a dover effettuare gli accertamenti sulle condizioni personali dei ricorrenti, richiedendo i giustificativi delle spese necessarie indicate nella domanda, e riportando il tutto in una relazione da depositare entro trenta giorni.

Il giudice specifica altresì che il TFR maturato dai ricorrenti non può restare nella loro disponibilità, salva eventuale inesigibilità, in quanto facente parte del patrimonio e quindi dell’attivo della liquidazione.
Il decreto prevede quindi la nomina del liquidatore, individuato in uno dei componenti del collegio dell’O.C.C. che ha assistito i debitori nella presentazione della domanda, al quale sono dettagliatamente descritti tutti gli adempimenti funzionali e necessari alla gestione della procedura, fino alla sua chiusura.

 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 Con l’entrata in vigore del C.C.I.I. la liquidazione controllata del sovraindebitato ha sostituito la precedente liquidazione del patrimonio, disciplinata negli artt. 14 ter e ss. della L. 3/12.

La differenza più rilevante tra le due procedure è quella che la disciplina attuale – art. 283 C.C.I.I. – prevede che l’esdebitazione operi di diritto, o con la chiusura della procedura o comunque decorsi tre anni dall’apertura, anche se la liquidazione sia ancora in corso, con dichiarazione del tribunale, anche d’ufficio. In precedenza, l’art. 14 terdecies L. 3/12 prevedeva che la dichiarazione di esdebitazione fosse adottata con decreto del giudice, su ricorso del debitore e verificate determinate condizioni.

Nel caso in esame va sottolineata la circostanza per cui la coppia convivente ha potuto presentare con ricorso congiunto un unico progetto per la risoluzione della crisi da sovraindebitamento, grazie alla previsione dell’art. 66 C.C.I.I. che disciplina le procedure familiari, e che contempla tra i membri della stessa famiglia anche i conviventi di fatto così come definiti nella L. 76/2016.

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1 L’art. 1, comma 36 della L. 76/2016 definisce “conviventi di fatto” due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.

Di particolare pregio risulta la puntuale elencazione dei compiti posti a carico del liquidatore contenuta nel decreto di apertura della procedura.

Anche in questo caso la professionalità e la preparazione dell’advisor che ha affiancato i ricorrenti, avv. Elena Ceserani che fa parte del team di professionisti di cancellaildebito.com, si sono rivelate determinanti ai fini dell’accoglimento dell’istanza di liquidazione controllata.

avv. Massimo Carrattieri                                                    avv. Elena Ceserani

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