La proposta e il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore: omologa

La proposta e il piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore: come la meritevolezza e la fattibilità conducono all’omologazione.

Commento a Trib. Bologna,  08.02.23, est. Rimondini

Il caso

Il ricorrente, che rientra nella qualifica di soggetto consumatore, si trova in una situazione di
sovraindebitamento, poiché versa in una condizione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni
assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, con conseguente incapacità di far
fronte agli obblighi assunti.
La genesi del sovraindebitamento deriva dall’aver contratto un mutuo fondiario nel 2006, in una
vicenda del tutto particolare. Infatti, il debitore si era messo in affari con il fratello della compagna,
progettando di acquistare un immobile da ristrutturare in economia, per rivenderlo una volta
risistemato, e trarne un profitto.
Secondo gli accordi l’immobile sarebbe stato intestato solo al socio in affari, mentre il mutuo
fondiario sarebbe stato cointestato tra i due, ma il ricorrente non avrebbe dovuto pagare le rate del
mutuo, poiché avrebbe messo a disposizione le proprie abilità di artigiano per la ristrutturazione.
L’importo del mutuo, contratto con un primario istituto di credito, è pari a € 272.500, a tasso variabile
e con durata trentennale, a fronte di un prezzo di acquisto dell’immobile pari a € 192.000;
sull’immobile viene iscritta ipoteca per complessivi € 816.000. Contestualmente i due mutuatari
sottoscrivono una polizza che assicura il credito, con pagamento anticipato del premio, e una polizza
incendio a capitale decrescente, con rimborso in 160 mesi.
Anziché iniziare i lavori di ristrutturazione, utilizzando la differenza tra la somma erogata dalla banca
e il prezzo di acquisto dell’immobile, l’altro socio decide che sia meglio affittarlo, in attesa della
ripresa del mercato immobiliare. Ben presto tale persona si rivela per la sua disonestà, affittando
l’appartamento per un solo anno senza contratto, e poi trasferendosi nell’immobile con la sua
famiglia.
Nel contempo i tassi d’interesse aumentano fino a rendere difficoltoso il pagamento della rata del
mutuo da parte dell’altro socio, che chiede al ricorrente un aiuto economico, che questi concede. A
tutto il 2014 la somma corrisposta dai mutuatari ammonta a € 116.094,88; nel 2015 gli stessi
promuovono un giudizio nei confronti della banca per accertare il superamento del tasso soglia e
ottenere la restituzione delle somme pagate, oltre ai danni. La domanda sarà respinta in primo e in
secondo grado, con condanna alle spese legali a carico degli attori per il primo grado, e del solo
ricorrente – unico appellante – per il secondo grado, con raddoppio del contributo unificato, ai sensi
dell’art. 13 c.1 quater DPR30.05.2002 n. 115, per l’importo di € 1.138,50.
Il socio non si adopera affatto per ricercare un compratore o un conduttore e sanare la posizione
debitoria, continuando a utilizzare l’immobile come residenza; perdipiù il ricorrente viene a conoscenza che il socio ha contratto ulteriori debiti, che sull’immobile è stata iscritta un’altra ipoteca
ed è stata promossa un’espropriazione immobiliare, in cui la banca mutuataria è intervenuta.
In definitiva l’esposizione debitoria del ricorrente deriva dal contratto di mutuo fondiario e dalle spese
legali derivanti dalle sentenze dei giudizi citati, solo parzialmente pagate. Risulta inoltre che l’ex
socio e co-mutuatario abbia presentato domanda di liquidazione del patrimonio.
L’advisor interpellato individua nella ristrutturazione dei debiti del consumatore (ex piano del
consumatore ex l. 3/12), prevista dagli artt. 67 e ss. C.C.I.I., la procedura idonea ad affrontare e
risolvere il caso.

La situazione descritta nel ricorso

Patrimonialmente il ricorrente non possiede beni immobili o mobili registrati, vive in un alloggio
concessogli in qualità di socio di cooperativa edilizia, e l’unica fonte di reddito è lo stipendio da
lavoro dipendente. Vengono prodotte le dichiarazioni dei redditi dell’epoca dell’assunzione del
mutuo, oltre a quelle più recenti.
Viene esposta e documentata la spesa media mensile necessaria alle esigenze del nucleo familiare, e
si dà atto che non è ipotizzabile il ricorso a finanza esterna.
La verifica circa l’entità del debito derivante dal mutuo fondiario porta ad individuare un importo
complessivo pari a € 293.443,58, credito oggetto di cessione di credito dalla banca mutuataria ad altro
soggetto giuridico; il residuo debito, pari a € 12.015,00 deriva dal saldo delle spese legali da
rimborsare all’istituto di credito in esito ai giudizi civili di primo e secondo grado già citati.
Successivamente alla verifica del credito derivante dal mutuo fondiario si è perfezionata la vendita
dell’immobile ipotecato nell’ambito dell’esecuzione immobiliare pendente, con un ricavo di €
183.000; detratta tale cifra dal totale comunicato dal cessionario del credito, oltre a una somma
forfettaria di € 10.000 per le spese della procedura esecutiva, si può determinare presuntivamente
nella somma di € 120.433,58 il residuo del debito ex mutuo.
In sintesi, a fronte di un capitale erogato di € 272.500, i comutuatari hanno restituito alla banca la
somma di € 116.094,88, oltre al ricavato della vendita dell’immobile all’incanto, pari a € 173.000,
per complessivi € 290.000: il debito residuo riguarda pertanto gli interessi di mora.
La proposta di piano viene così strutturata: il pagamento di una prima maxi rata dell’importo di €
9.000, di cui 1.138,50 destinati alla Corte d’Appello di Bologna, creditore privilegiato per il
raddoppio del contributo unificato, ed il residuo di € 7.861,50 al creditore chirografario cessionario
del credito della banca per il mutuo fondiario.
Successivamente si prevedono nn. 36 rate dell’importo di € 300 l’una, a favore della società
cessionaria del credito della banca mutuante, per interessi e residuo delle spese legali di causa, per un
totale pari a € 10.800; la somma offerta alla cessionaria risulta così pari a € 18.672,41, pari a c.a. il
14% del credito. La somma totale messa a disposizione dei creditori, comprensiva dell’imposta di
registro sul decreto di omologa, ammonta pertanto a € 20.010,91.

Nel ricorso si evidenzia altresì la condotta dell’istituto di credito che ha erogato consapevolmente il
mutuo a soggetti non in grado di onorarne i costi, in violazione delle regole di valutazione del merito
creditizio definite dall’art. 124 T.U.B. e del limite di finanziabilità dei mutui di cui all’art. 38 T.U.B.
Condotta colpevole del creditore che comporta la sanzione dell’inammissibilità della presentazione
di opposizione o reclamo in sede di omologa, ai sensi dell’art. 69, com. II C.C.I.I.
Il ricorrente sottolinea infine che l’alternativa liquidatoria non porterebbe a esiti migliori per i
creditori, poiché in assenza di beni e in presenza del solo reddito da lavoro dipendente, l’ipotetico
pignoramento del quinto degli emolumenti moltiplicato per 36 mesi determinerebbe una somma totale
inferiore a quella offerta con il piano, tenuto conto anche dei costi connessi alla procedura di
liquidazione. 

L’accoglimento della proposta e l’omologa da parte del Tribunale

Il Giudice designato, letti il ricorso del debitore e la relazione dei gestori del collegio O.C.C.,
ritenendo sussistere i presupposti di ammissibilità della proposta e del piano e l’assenza di condizioni
ostative, dispone il divieto di azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore, con divieto allo
stesso di compiere atti di straordinaria amministrazione senza autorizzazione, e dispone che l’O.C.C.
effettui gli adempimenti previsti dall’art. 70 C.C.I.I., riservandosi all’esito sulla richiesta di omologa.
Verificata l’esecuzione degli adempimenti a cura dell’O.C.C., il quale riferisce che non sono
pervenute osservazioni dei creditori, il Giudice, ritenuto il piano fattibile, ne dispone l’omologa.

Considerazioni conclusive

Nel caso in esame appare molto chiaramente la meritevolezza del debitore, ossia l’assenza di dolo o
colpa grave nell’assunzione delle obbligazioni che hanno determinato la situazione di
sovraindebitamento.
La vicenda dimostra infatti l’incolpevole affidamento del ricorrente nella correttezza e onestà del
socio in affari, che era il fratello della compagna, che ha disatteso tutti gli accordi, impedendo anche
di mettere a reddito l’immobile, e anzi ha contratto ulteriori debiti personali che ne hanno determinato
il pignoramento.
Altrettanto evidente si è dimostrata la scarsa professionalità del funzionario di banca che ha istruito
la pratica di mutuo, consentendo che un estraneo contraesse un debito, e non rilasciasse una mera
garanzia, per l’acquisto di immobile che si sarebbe intestato un altro soggetto, e in generale la
condotta dell’istituto bancario erogante, che ha applicato interessi di mora elevatissimi, ingenerando
un vertiginoso aumento dell’esposizione debitoria.
A seguito del riconoscimento della meritevolezza del richiedente e alla fattibilità del piano da parte
del Tribunale, grazie alla valida assistenza del professionista che lo ha affiancato, il debitore potrà
avere una seconda chance per rifarsi una vita e vivere dignitosamente.

avv. Massimo Carrattieri                                                    avv. Elena Ceserani

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